gio 28-03-2024 13:57:22 n.254, di Elide Apice |
Incontro con Nicola Pesce: Il sapore dell' albicocco |
Alla Libreria Barbarossa per |
Il sapore dell' albicocco è il titolo del libro che Culture e Letture aps ha presentato stasera alla Libreria Barbarossa.
Ma non è solo un libro, è uno stato d'animo, un sapore mai perduto, il ricordo di giorni passati, il fare pace con ieri e il ricominciare ancora.
Al centro la gentilezza e la bontà, la bellezza di un' anima pura, la meraviglia di un autore Nicola Pesce Himself che si è raccontato emozionandosi e emozionandoci.
Un libro bello, carico, intenso ... davvero felici di averti avuto nostro ospite .
Sempre grazie a Anto Barbarossa e Francesca D'alessandro , libraie perfette, squisite, inclusive che abbiamo ritrovato pari pari nelle pagine del libro e grazie a Tiziana Iannelli e alle sue emozioni palpabili e tangibili, a Alda Parrella e alle sue letture alle tante e ai tanti presenti.
Non avremmo potuto immaginare meglio di così l' avvio della nostra rassegna ",aprile in libreria".
Ora restano i ricordi di un incontro splendido e la speranza che quell' albero di albicocco che le libraie hanno donato a Nicola Pesce attecchisce proprio lì dove è rimasto il ricordo del vecchio albicocco.
Un grazie anche a Lorenzo Tosa, è anche grazie a lui che abbiamo conosciuto Nicola
Donatella che mi hai stretto le mani, ti voglio bene.
Hai cinquant’anni e sei autistica come me. E l’altro giorno le parole all’inizio non ti uscivano. Io e te stoniamo tanto nel mondo che in una folla ci vedrebbero subito e direbbero: ecco, qui due, non sono come gli altri.
Mi guardavi circospetta, come un animaletto selvatico. Potevi fidarti di questo grosso tizio barbuto?
Perché è da tutta la vita che della gente non ci possiamo fidare. Mentre tutti cercavano di definire quanto fosse bella l’atmosfera della Libreria Barbarossa di Benevento che ci stava ospitando e tu, con gli occhi lucidi di una timida sincerità, hai detto: «Qui è casa». E io ti ho sentito, ho sentito la vampata della tua timidezza e del tuo sforzo di tirar fuori le parole come da una pentola a pressione. E mi è salito il solito maledetto groppo di pianto. Ma l’ho tenuto a bada, hai visto? Come hai fatto tu.
Poi mi hai domandato, superando la paura di parlare davanti a sessanta persone, come facevo a rapportarmi con gli altri «visto che non… non capiscono!».
E anche questo grido a me è arrivato tutto, anche se lo hai detto sottovoce.
Come spiegare che l’altro giorno, per esempio, ero pieno di ansia perché avevo ricevuto una normale telefonata. E allora mi son detto: almeno vado a fare la spesa. Ma poi, arrivato al piccolo supermercato, ho visto che dentro c’erano le persone, ovviamente. E non ce l’ho fatta ad entrare.
Dire «Buonasera», incrociare gli sguardi dei cassieri… non ce l’avrei fatta. Ho rimesso in moto e mi sono ritirato a casa. Dove non avevo più cibo. Era… era terrore? Non lo so. Terrore di parlare con le persone? No, no. Anche solo di essere guardato. In quel momento ero fragile. E questo solo tu lo puoi capire.
Perciò a fine presentazione scusami se sono venuto a prenderti per entrambe le mani e ti ho detto: gli altri non li pensare, non pensare ai loro giudizi. Fai quello che ti va di fare. Se va bene a te va bene a tutto il mondo. Non te ne fregare.
Tu mi hai guardato, rossa in viso e ci sono schizzate le lacrime fuori dagli occhi come quando da piccoli ci si spruzzava con le pistole ad acqua. Ma abbiamo resistito di nuovo. Non abbiamo pianto. Erano solo lacrime.
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